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Data ultimo aggiornamento e/o revisione: 01/04/2017
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Insieme alla vasculopatia la neuropatia diabetica è la causa eziopatogenetica dell’ulcera nel piede diabetico. (1-3)
Un importante lavoro policentrico europeo ha affermato che la neuropatia è responsabile di circa la metà di ulcere del piede e la arteriopatia è presente nell’altra metà (tabella 1). Questo dato, anche se afflitto da alcune imprecisioni insite nei metodi utilizzati, è certamente fortemente indicativo della relativa responsabilità dei due momenti patogenetici di un’ulcera nel piede dei diabetici (4).
Tabella 1 prevalenza di neuropatia, ischemia e infezione (da referenza 4)
Un susseguente lavoro sulla stessa popolazione della referenza 4 ha messo in luce come la neuropatia di per sé non era significativamente associata alla non guarigione dell’ulcerazione, lasciando questo outcome negativo all’infezione e della arteriopatia (5). (figura 1)
Figura 1 rischio di non guarigione dell’ulcera nella popolazione dello studio EURODIALE
La neuropatia diabetica è la presenza di sintomi e/o segni di disfunzione del sistema nervoso periferico (somatico e/o autonomico) in soggetti con diabete mellito, in assenza di altre cause di neuropatie periferiche. Questa è la definizione di neuropatia diabetica dettata dalla Consensus di San Antonio del 1988 e ancora oggi attuale (6).
Ancora nel 2010 veniva sottolineata l’eterogeneità della neuropatia nel diabete e soprattutto come le varietà delle manifestazioni neuropatiche siano simili tra diabetici e non diabetici (7).
Anche la difficoltà di trattamento è stata recentemente confermata (8).
La classificazione comunemente accettata distingue tra polineuropatia simmetrica diffusa sensitivo-motoria e neuropatia autonomica, neuropatie mono o multifocali (neuropatie dei nervi cranici, radicolopatia, plessopatia, mononeuropatia) (figura 2) (9)
Figura 2 quadri clinici della neuropatia diabetica
La neuropatia diabetica più diffusa e direttamente coinvolta nella patogenesi del piede diabetico è la neuropatia simmetrica diffusa sensitivo-motoria distale con la tipica distribuzione a calza (figura 3).
Figura 3 distribuzione a calza della neuropatia sensitivo-motoria
Anche la neuropatia autonomica ha un ruolo nella patogenesi dell’ulcera del piede diabetico, ma molto meno evidente e rilevante (10,11). La figura 4 mostra un piede con evidenti tipiche caratteristiche semeiologiche di neuropatia autonomica: cute secca da disidratazione, micosi delle unghie, succulenza tissutale.
Figura 4 piede con caratteristiche semeiologiche di neuropatia autonomica
Per la patogenesi della neuropatia diabetica e altri tipi di neuropatia derivante dal diabete o in diabete si rimanda a testi specifici, in particolare al capitolo del libro di cui alla referenza (12)
La neuropatia sensitivo-motoria è una delle complicanze più comuni del diabete ed interessa almeno un terzo della popolazione diabetica, ma è proporzionale alla durata del diabete: dopo 25 anni di diabete il 50% dei diabetici ha la neuropatia diabetica (13).
La presenza di neuropatia è molto dipendente dal compenso metabolico. Gli storici DCCT (14) e UKPDS (15) hanno dimostrato che all’aumento dell’emoglobina glicosilata corrisponde un proporzionale aumento della prevalenza di neuropatia sia nel diabete di tipo 1 che di tipo 2.
La neuropatia ha tipicamente un’insorgenza insidiosa ed alcuni pazienti possono evolvere in maniera assolutamente asintomatica verso il quadro di “piede insensibile”. Altri pazienti possono evidenziare deformità come alluce valgo e dita in griffe legate all’incombere dell’età ed essere indipendenti dalla neuropatia.
I sintomi sono l’intorpidimento, il formicolio, le parestesie, l’allodinia, il bruciore, il dolore trafittivo. Questi sono sintomi “positivi” che il paziente riferisce. Vi sono però i cosiddetti sintomi “negativi” che il paziente non riferisce perché non sono avvertiti ma corrispondono a una perdita di funzione causata dalla deafferentazione recettoriale periferica e dalla degenerazione delle fibre nervose sensitive: ipoestesia tattile termica e dolorifica, ipopallestesia, deficit statochinesici, atassia. La presenza di sintomi negativi è maggiormente correlata alla insorgenza di un’ulcera del piede.
È generalmente accettato che la neuropatia diabetica sensitivo-motoria non possa essere diagnosticata sulla base di un segno o sintomo o di un singolo test: devono essere presenti almeno due anomalie tra segni, sintomi, alterazioni della conduzione, test di valutazione quantitativa della sensibilità (16).
Gli strumenti diagnostici disponibili sono:
- SINTOMI / SEGNI (SCORE CLINICI NEURODIABETOLOGICI)
- VALUTAZIONE QUANTITATIVA DELLA SENSIBILITA’ o VQS (QST – QUANTITATIVE SENSORY TESTING):
– monofilamento di Semmes-Weinstein
– diapason / biotesiometro
– soglia termica (tt – thermal threshold)
- ESAMI STRUMENTALI (TEST CARDIO-VASCOLARI AUTONOMICI ed ELETTROMIOGRAFIA)
Vi è comunque una gradazione della severità della neuropatia confermata anche dal citato statement dell’ADA (7):
Grado 0 = nessuna anormalità nella conduzione nervosa
Grado 1a = anormalità nella conduzione nervosa senza segni e sintomi
Grado 1b = anormalità nella conduzione nervosa come nel grado 1°a più 1 segno
tipico di neuropatia senza sintomi
Grado 2a = anormalità nella conduzione nervosa con o senza segni tipici e sintomi
neuropatici
Grado 2b = anormalità nella conduzione nervosa, moderata debolezza della
dorsiflessione della caviglia ( 50%) con o senza sintomi neuropatici.
La semeiologia del piede neuropatico prevede frequentemente:
- dita ad artiglio o a martello
- alluce valgo
- dita sovrapposte
- accentuazione dell’arco plantare
- teste metatarsali prominenti
- ipercheratosi plantare
- turgore venoso
- secchezza della cute
Ipercheratosi plantare e prominenza delle teste metatarsali sono i più frequenti segni di neuropatia motoria. Turgore venoso e secchezza della cute sono tipiche manifestazioni visive di disautonomia.
Colpisce sia i nervi sensitivi (neuropatia sensitiva) sia i nervi motori (neuropatia motoria) sia i nervi vegetativi (neuropatia autonomica). Il piede neuropatico è un piede in cui la neuropatia diabetica ha modificato l’equilibrio muscolare, la percezione degli stimoli, l’autoregolazione vegetativa.
La figura 5 mostra le varie fibre deputate al trasporto dei diversi tipi di sensibilità:
A-α: mieliniche, veloci, motorie, sensibilità propiocettiva
A-δ: mieliniche, sensibilità dolorifica profonda
C: amieliniche, sensibilità termica
Figura 5 vari tipi di fibre contenute nel nervo periferico
NEUROPATIA SENSITIVA
Colpisce gli organi di senso del piede e le fibre nervose che inviano le sensazioni al cervello.
Le fibre coinvolte per le varie funzioni sono mostrate nella figura 6.
Figura 6 tipi, densità e funzione delle fibre deputate ai vari tipi di sensibilità
La conseguenza più grave è la diminuzione della soglia dolorifica fino alla completa insensibilità. La mancanza di dolore è una sciagura perché il dolore ci avverte che c’è qualcosa che ci sta offendendo il piede. E’ il dolore che ci avverte che una scarpa è stretta ed è il dolore che ci spingerà a toglierla. Se manca il dolore, continueremo ad indossare la scarpa e quando la toglieremo troveremo un’ulcera là dove la scarpa ha stretto troppo. La neuropatia sensitiva è quindi una patologia che consente a che un trauma giunga fino al punto di instaurare una lesione.
La diagnosi di neuropatia sensitiva è possibile con metodi non invasivi semplici e di pochissimo costo che possono rivelare precocemente la presenza di neuropatia sensitiva
In linee guida degli anni 90 (18) ancor oggi citate vengono riportate le tecniche diagnostiche sottoriportate:
TEST SENSIBILITA’ DOLOROSA: utilizzare un ago monouso e chiedere al paziente “ti fa male?” e non “senti pungere?” (figura 7)
TEST SENSIBILITA’ TATTILE SUPERFICIALE: utilizzare un batuffolo di cotone (figura 8)
TEST SENSIBILITA’ TERMICA: utilizzare strumenti automatici o provette acqua calda e fredda
Figura 7 valutazione della sensibilità dolorifica tramite puntuta con ago
Figura 8 Valutazione della sensibilità tattile con batuffolo di cotone
Indubbiamente questi metodi, ancorché previsti in linee guida (17), peccano di soggettività.
Oggi esistono strumenti sempre a costo minimo e di uso semplicissimo, ma dotati di oggettività. La sensibilità tattile viene valutata semiquantitativamente con il monofilamento di Semmes-Weinstein che è un filo di nylon di un diametro predeterminato, che viene premuto sul piede (18,19).
Il filamento si piega quando la forza applicata è superiore a quella indicata dal diametro del filo. Se il soggetto non avverte che il filamento viene appoggiato sul piede, questo indica che ha perso la sensibilità tattile. Ovviamente il monofilamento non dovrà essere testato su zone di ipercheratosi in cui la sensibilità tattile cutanea è non valutabile. La figura 9 mostra lo schema delle modalità e aree di applicazione del monofilamento.
Figura 9 schema delle modalità e aree di applicazione del monofilamento
La figura 10 mostra l’applicazione del monofilamento e le aree di applicazione dal vivo.
Figura 10 applicazione del monofilamento su un paziente e aree di applicazione
Si ritiene che esista insensibilità se il paziente non avverte la pressione del monofilamente in ≥ 6 aree.
Si raccomanda comunque di eseguire la valutazione a paziente con occhi chiusi e di testare la attendibilità del paziente chiedendo conferma del toccamento senza aver appoggiato il monofilamento (20).
Il diapason e il biotesiometro appoggiati sul piede trasmettono una vibrazione di intensità variabile. Se il soggetto non avverte la vibrazione, o la avverte solo a una soglia superiore a 25 v, ha un deficit di sensibilità vibratoria (21,22).
Le aree di appoggio del diapason o del biotesiometro sono il malleolo e la superficie dorsale del 1° dito (figura 11).
Figura 11 applicazione al malleolo di diapason e biotesiometro per la valutazione della sensibilità vibratoria
Se manca la sensibilità tattile e vibratoria, possiamo essere sicuri che anche la sensibilità dolorifica sarà assente: questo identifica questo soggetto come ad alto rischio di ulcerazione del piede. È quindi sufficiente per una diagnosi di “rischio” un diapason anche pre-tarato a 25 volt. L’uso di un biotesiometro può essere eventualmente utile a scopo di ricerca per valutare una possibile influenza di un trattamento.
La valutazione della soglia termica (Thermal Threshold o TT), oltre alla biopsia, è l’unico metodo per valutare le piccole fibre, la cui funzionalità non può essere quantificata con l’elettromiografia (23-26). Nonostante l’importanza di questa indagine clinica, non esistono attualmente tecniche standardizzate per la determinazione della TT.
È utilizzabile un termometro cutaneo (termoskin, Molliter) (figura 12 e 13) o apparecchiature più complessa (case IV device, Medoc, neuroquick) (27-29) (figura 14).
Figura 12 thermoskin
Figura 13 termometro cutaneo Molliter
Figura 14 case IV device
L’assenza di sensibilità dolorosa è la causa prevalente di lesione del piede: l’uso di scarpe strette, di strumenti apportatori di calore, il cammino a piedi scalzi sulla sabbia, il rinvenimento di corpi estranei nelle calze o nella scarpe, etc sono il trauma che, inavvertito e conseguentemente non allontanato in tempo, provoca una lesione potrà far fatica a guarire fisiologicamente.
La figura 15 mostra il caso di un’ustione provocata dall’applicazione di un termoforo sul piede.
Figura 15 ustione da termoforo che ha necessitato di amputazione del 1° raggio e la copertura con innesto autologo cutaneo
NEUROPATIA MOTORIA
Colpisce le grandi fibre mieliniche che innervano i muscoli del piede e determina una progressiva rigidità dei tessuti fasciali, indebolimento e atrofia dei muscoli lombricali ed interossei con uno sbilanciamento dei rapporti tra muscoli flessori ed estensori. Lo squilibrio tra muscoli estensori e flessori delle dita provoca dita in griffe, prominenza delle teste metatarsali, accentuato cavismo del piede (Figura 16).
Figura 16 griffe delle dita con iperchetosi dorsale da iperpressione (A) Piede con cavismo accentuato (B)
Numerosi lavori, molto affascinanti dal punto di vista dell’immagine, hanno evidenziato come esista un danno muscolare atrofico nei diabetici neuropatici: la figura 17 evidenzia tramite studio con risonanza magnetica l’atrofia dei muscoli del mesopiede in un diabetico (B) rispetto a un nondiabetico (A) (30). Figura 17.
Figura 17 atrofia dei muscoli del mesopiede in un diabetico (B) rispetto a un nondiabetico (A) evidenziata da risonanza magnetica (da referenza 30)
L’atrofia muscolare comporta dal punto di vista semeiologico il risalto dei tendini sul dorso del piede per atrofia dei muscoli estensori lunghi delle dita (Figura 18)
Figura 18 dita in griffe e risalto dei tendini degli estensori delle dita in paziente con neuropatia motoria
A livello delle dita le deformità assumono sembianze molto varie (figura 19)
Figura 19 varie possibili deformità delle dita
Lo squilibrio muscolare è il conseguente sbilanciamento delle forze implica anche una dislocazione del grasso sottocutaneo che fa da cuscinetto alle ossa (31).
La figura 20 evidenzia con chiarezza la deformazione della metatarso-falangea e la dislocazione corrispondente del grasso sull’articolazione del 2° raggio in un soggetto normale (B), diabetico con neuropatia (A) e diabetico con grave neuropatia (C).
Figure 20 angolo metatarso-falageo e dislocazione del grasso sottocutaneo in soggetto normale (B), diabetico neuropatico (A), diabetico gravemente neuropatico (C) (da referenza 31)
Il prodotto finale di questo dismorfismo è la riduzione della superficie d’appoggio sulla pianta del piede.
La riduzione della superficie d’appoggio ha una valenza patogenetica: detta F la forza applicata, T = tempo, S = superficie, la pressione a cui è assoggettata una porzione della la pianta del piede è tanto maggiore quanto più la superficie sarà piccola. Nella patogenesi della lesione il tempo ha con tutta evidenza un ruolo fondamentale (32) (figura 21).
Figura 21 effetto della riduzione della superficie d’appoggio sulla pianta del piede
La figura 22 rende visivamente l’importanza della ampiezza della superficie d’appoggio del piede.
Figura 22 rappresentazione figurativa dell’influenza della diversa superficie di appoggio del piede
Lavori molto belli sulla influenza della neuropatia sul piede nei diabetici sono stati effettuati dalla scuola Italiana (33,34): la figura 23 dimostra brillantemente come il massimo di pressione plantare si ha nei diabetici con grave neuropatia.
Figura 23 pressione plantare a livello dell’avampiede in diabetici con diversi gradi di neuropatia (da referenza 32).
Questa riduzione porta a un eccesso di carico in alcune aree del piede: teste metatarsali, la punta delle dita, la superficie dorsale delle falangi, il calcagno (figura 24).
Figura 24 rappresentazione figurata dell’effetto dell’iperpressione in alcune zone del piede
L’eccesso di carico rispetterà la deformazione data dalla neuropatia con iperpressione sulle teste metatarsali se il piede diventerà cavo o sul mesopiede se il piede sarà piatto. (figura 25)
Figura 25 piedi con deformità in cavismo o piattismo
L’organismo tenta di difendersi da questo eccesso di carico irrobustendo lo strato corneo nella zona di ipercarico producendo una callosità: l’“ipercheratosi” (Figura 26).
Figura 26 callosità da iperpressione in diversi stadi di evoluzione
Da notare come la neuropatia essendo simmetrica provochi quadri bilaterali di ipercheratosi anche se spesso il quadro clinico presenta un diverso quadro evolutivo o una diversa gravità (figura 27)
Figura 27 quadri clinici di iperpressione plantare simmetrici
L’ipercheratosi è un tentativo del piede di difendersi dall’eccesso di carico, ma è una difesa labile nel tempo: se non si provvede a eliminare o almeno a ridurre la pressione nel punto ipercheratosico, a lungo andare si formerà un ematoma da schiacciamento e, perdurando l’ipercarico, inevitabilmente una ulcera che avrà un alto rischio di infettarsi tanto più resterà aperta (figura 28,29).
Figura 28 sviluppo di un’ulcera neuropatica plantare: iperpressione (a), formazione di callosità (b), ematoma (c), ulcera (d)
Figura 29 ulcere da iperpressione in varie parti della pianta del piede
Figura 30 ulcere plantari bilaterali
Tuttavia ipercarico si può verificare in qualunque punto del piede la deformità provochi un aumento di pressione: in particolare si potranno avere ipercarichi sulle falangi distali per dita in griffe o sul dorso delle dita per frizione o del mesopiede per crollo della volta ossea (figura 31).
Figura 31 ulcera sul dorso della falange per griffe del 2° dito (A), ulcera apicale del 2° dito in griffe (B), ulcera sul mesopiede per crollo della volta (C)
Le dita sono particolarmente colpite dalla neuropatia motoria che provoca deformazioni molto varie (figura 32).
Figura 32 deformità varie delle dita
La presenza di deformità del piede testimonia di per sé la presenza di neuropatia motoria (figura 33).
Figura 33 piedi con evidente deformità da neuropatia
La diminuzione dei riflessi rotuleo e Achilleo sono manovre diagnostiche fattibili per la diagnosi di neuropatia motoria pur con le difficoltà di eseguire queste manovre in pazienti anziani ipomobili (figura 34).
Figura 34 evocazione del riflesso Achilleo
In caso di dubbio la valutazione Achillea può essere eseguita con manovra di rinforzo che evidentemente sarà proibitiva nei pazienti con difficoltà motoria (figura 35).
Figura 35 valutazione del riflesso Achilleo con manovra di rinforzo
Una manovra più facilmente eseguibile è la valutazione della forza muscolare (figura 36).
Figura 36 valutazione della forza muscolare invitando il paziente a spingere contro la mano dell’operatore.
L’informazione che dà questa manovra è però non quantificabile.
La progressiva rigidità dei tessuti fasciali e tendinei, di causa ancora non definita ma attribuita verosimilmente a incremento delle fibre collagene rese rigide dall’accumulo di prodotti di glicazione, provoca retrazione del tendine d’Achille, della fascia plantare, delle capsule delle numerose articolazioni del piede. (35,36).
Tutto questo contribuisce come detto alla deformazione del piede: la retrazione della fascia plantare lascia scoperte le teste metatarsali e contribuisce insieme alla retrazione del tendine d’Achille all’equinismo del piede, primum movens dell’iperpressione sulle teste metatarasali (figura 37).
Figura 37 visualizzazione della fascia plantare
La rigidità delle capsule articolari rende il piede “rigido” più esposto a frizioni e sfregamenti per maladattamento al movimento flessuoso del piede durante il passo (figura 39).
Figura 39 visualizzazione dei legamenti del piede
La rigidità del piede valutata come rigidità della tibio-tarsica può essere valutata misurando l’escursione angolare provocata da manovre di flessione planto-dorsale (figura 40).
Figura 40 valutazione della mobilità della tibiotarsica con flessione forzata planto-dorsale
Si può anche misurare l’escursione angolare provocata da manovre di eversione ed inversione (37,38) (figura 41).
Figura 41 valutazione della mobilità della tibiotarsica sui quattro assi
L’opportunità di avvalersi della elettroneurografia è fonte di discussione (39,40).
L’elettromiografia è un ottimo strumento per la diagnosi differenziale di radicolopatia rispetto a neuropatie dolorose di altra eziopatogenesi. E’ un ottimo strumento di valutazione di efficacia farmacologica per trattamento specifico della neuropatia. Non aggiunge però nulla alla valutazione di neuropatia sensitivo-motoria per il rischio di ulcera e tanto meno alla diagnosi di neuropatia sensitivo-motoria in un piede ulcerato.
Esistono numerosi score clinici per la diagnosi di neuropatia diabetica, di cui il più semplice è il diabetic neuropathy index (figura 42)
Figura 42 diabetic neuropathy index
Il Michigan Clinical Diabetic Neuropathy Score (DNS) è più complesso ma molto usato (figura 43):
Figura 43 Michigan Clinical Diabetic Neuropathy Score (DNS)
Il questionario sulla neuropatia del gruppo di studio della SID richiede un certo tempo (figura 44):
Figura 44 questionario sulla neuropatia del gruppo di studio della SID
Nell’elenco sottoriportato sono evidenziati altri questionari.
- Neuropathy Symptom Score (NSS)
- Toronto Clinical Scoring System (CSS)
- Neuropathy Disability Score (NDS)
- Total Neuropathy Score
- International Consensus on the Diabetic Foot Score (ICDF)
Si rimanda ai testi specifici per la descrizione dei vari score.
NEUROPATIA AUTONOMICA
L’impatto della neuropatia autonomica è molto meno conosciuto e probabilmente meno rilevante rispetto all’impatto devastante della neuropatia sensitiva e motoria nella patogenesi del piede diabetico. La neuropatia autonomica è presente nel 10-15% dei diabetici e nel 30-40% dei pazienti con neuropatia sensitiva (41-43).
Tuttavia la diagnosi di neuropatia autonomica non è agevole perchè richiede l’effettuazione di più test (almeno 3 dei 5 classici cardiovascolari) la cui esecuzione richiede tempo e almeno un elettrocardiografo. La figura 45 riporta i 5 classici test.
Figura 45 test autonomini cardiovascolari
La pressione arteriosa può essere misurata sia con il classico sfigmomanometro, sia con un monitoraggio in tempo reale (Finapress). La frequenza cardiaca può essere misurata sia direttamente sul tracciato elettrocardiografico come reciproco degli intervalli RR, sia con apparecchiature per il monitoraggio in tempo reale (Cardionomic, Neurotester) (figura 46)
Figura 46applicazione di elettrodi e misuratore pressoria per valutazione automatizzata della disautonomia.
Anche qui per la descrizione dei test si rimanda a testi specifici. Contrariamente ai test per la neuropatia sensitivo-motoria che pur richiedendo la “spogliazione di scarpe e calze” sono di esecuzione abbastanza rapida e richiedono strumenti di minimo ingombro, i test per la diagnosi di neuropatia autonomica non sono fattibili durante una normale visita perché richiedono molto tempo e richiedono anche spazi e strumenti specifici di un certo ingombro.
Attualmente la biopsia cutanea con la valutazione dei corpuscoli sensitivi è considerata una metodica accurata per la diagnosi di disautonomia ma è una metodica cruenta il cui vantaggio in termini di rischio/beneficio per il paziente è molto controversa (44). L’analisi spettrale è limitata a scopo di ricerca e non ha alcun senso nella cura del piede diabetico.
Attualmente è in commercio un test basato sull’applicazione di una pellicola sul piede: al cambio di colore è assegnata una valenza diagnostica di neuropatia autonomica (46-48) (figura 47).
Figura 47 applicazione di pellicola Neuropad® e cambiamento di colore in paziente con neurodisautonomia
La conseguenza più immediatamente visibile della neuropatia autonomica è la secchezza del piede, dovuta al mal funzionamento delle fibre nervose che regolano la produzione delle ghiandole secretorie del piede (figura 48).
Figura 48 piede con estrema secchezza da neuropatia autonomica
Una disfunzione della regolazione sudoripara è stata descritta come associata con un aumentato rischio di ulcera (45).
La secchezza provoca fissurazioni che sono un facile ingresso per i germi (figura 49).
Figura 49 fissurazione calcaneare in ispessimento cutaneo ipercheratosico
Alla neuropatia autonomica si associa spesso la micosi ungueale perché le modificazioni di sudorazione e ph che accompagnano la neuropatia autonomica favoriscono l’impianto e la crescita di dermatofiti.
Sono state descritte influenze della neuropatia autonomica sulla regolazione del microcircolo (49,50).
La circolazione cutanea è rappresentata da una vasta rete microcircolatoria che è terminale nei confronti del sistema vascolare ed è strettamente correlata alle funzioni ed al trofismo della cute (51).
L’innervazione simpatica controlla il tono del flusso sanguigno attraverso le vasocostrizione delle anastomosi artero-venose. La neuropatia autonomica provocando il blocco del simpatico provoca una vasodilatazione costante con incapacità di regolare il flusso in base alle esigenze esterne (calore, sforzo, etc.) (52).
La figura 50 mostra evidente turgore venoso in paziente con neuropatia autonomica.
Figura 50 Turgore venoso in piede diabetico con neuropatia autonomica.
Nel piede diabetico è stato evidenziato un aumento del contenuto di ossigeno nel sangue venoso refluo e la presenza di shunts artero-venosi responsabili propabilmente di un furto ematico nutrizionale capillare (53).
La rilevanza di questi fenomeni nella patogenesi dell’ulcerazione è incerta. È invece assodata l’associazione tra disautonomia e mortalità, anche banalmente associata all’aumento di frequenza cardiaca. (54,55) (figura 51).
Figura 51 mortalità associata alla frequenza cardiaca (da referenza 54)
La presenza di calcificazioni della media (sclerosi di Monkeberg) è una caratteristica della malattia diabetica molto presente nei pazienti con piede diabetico ed è da molti considerata legata alla disautonomia. Anche questa caratteristica, oltre ad altri effetti di cui parleremo spesso in questo lavoro, è associata a un aumento di mortalità (56) (figura 52).
Figura 52 associazione tra mortalità e calcificazioni della media
LA CURA DELL’ULCERA NEUROPATICA
La sede tipica di un’ulcera neuropatica è, come si è visto, la pianta del piede: non per nulla per molto tempo il piede diabetico è stato assimilato al “mal perforante plantare” (57).
Nella gran parte dei casi la localizzazione della lesione plantare è l’avampiede (58).
La cura di un’ulcera plantare prevede che sia eliminata la causa che ha prodotto l’ulcera, nel nostro caso l’iperpressione. Il primo passo sarà quindi il cosiddetto “debridement” dell’ulcera, che consiste nell’eliminare tutti i tessuti non vitali fino ad arrivare a tessuti ben sanguinanti (figura 53).
Figura 53 debridement di una callosità plantare fino a evidenziare tessuto sano vitale
Spesso questo approccio è mal compreso e quindi mal accettato dal paziente: infatti l’ipercheratosi può mostrare solo una piccola ulcerazione e la manovra di debridement evidenzia l’ulcera sottostante che ha una dimensione molto più vasta. Questa manovra è tuttavia indispensabile: l’ipercheratosi non è un tessuto vitale capace di rigenerare cellule viventi e tende anzi a soffocare il tessuto vitale sottostante. Se non si elimina l’ipercheratosi non si avrà mai guarigione dell’ulcera. Ma il debridement è solo il primo passo nella cura: se anche abbiamo fatto un bellissimo debridement e una splendida medicazione ma rimettiamo il piede medicato in una scarpa qualsiasi (figura 54), non avremo eliminato la causa che ha prodotto l’ulcera, e cioè l’iperpressione, che continuerà ad offendere l’ulcera anche se medicata.
Figura 54 paziente con piede neuropatico medicato inseito in sandalo con laccetti
Un passo indispensabile sarà quindi lo scarico del piede. Il riposo a letto o l’uso della carrozzella sono difficilmente compatibili con il lungo tempo necessario a guarire l’ulcera. Un prolungato immobilismo ha anche effetti nocivi come ipotrofia muscolare, rigidità articolare, rischio trombotico.
La terapia “gold standard” è un apparecchio che scarica completamente il piede pur permettendo una relativa mobilità (59-61).
Questi apparecchi noti col nome di Total Contact Cast (TTC) erano confezionati originariamente con gesso di Parigi che a causa della sua rigidità provocava spesso ulcere da frizione. Questo ne ha comportato un uso molto limitato nella pratica clinica (62,63).
E’ stato merito della scuola Italiana aver individuato materiali a rigidità modulabile in grado di adeguarsi entro certi limiti alle normali variazioni della circonferenza del piede e della gamba (64) (figura 55).
Figura 55 apparecchio di scarico totale in fibroresina
Il vantaggio principale rispetto ai tradizionali apparecchi di scarico in gesso di Parigi è la capacità della modularità dei materiali usati di evitare quasi completamente ulcere da sfregamento. Poichè questa complicazione è stata per lungo tempo la motivazione per non fare apparecchi di scarico, evidentemente questi materiali nuovi eliminano ogni scusa.
Questo non significa che abbiano eliminato ogni complicazione: ad esempio a volte la cute macera dentro l’apparecchio, soprattutto se si abbonda molto con il cotone di Germania, e alla sua rimozione troviamo una cute molto macerata (figura 56).
Figura 56 cute macerata alla rimozione di apparecchio di scarico in vetroresina.
L’uso di questi apparecchi consente una guarigione dell’ulcera plantare in percentuale molto elevata e in tempi significativamente più brevi rispetto ad esempio a una scarpa terapeutica (figura 57).
Figura 57 riduzione delle dimensioni dell’ulcera in base al trattamento con scarpa terapeutica o apparecchio di scarico (da referenza 64)
A seguire numerosi altri sudi hanno confermato l’efficacia di questo strumento (65-68).
Inizialmente questi apparecchi erano dotati di una finestra per ispezionare e medicare l’ulcera (figura 58).
Figura 58 apparecchio di scarico totale con finestra per l’ispezione e la medicazione dell’ulcera
Si è però osservato che la finestra provocava una iperpressione sui bordi del piede a contatto coi margini della finestra. Si è quindi provato a costruire dei gessi totalmente chiusi nei quali l’uso di medicazioni avanzate in grado di assorbire l’essudato consentivano di rinnovare medicazione e gesso ogni 7-10 giorni. L’esperienza ha confermato che questa metodologia era fattibile con ottimi risultati.
Naturalmente trattandosi di piede diabetico dove i quadri clinici sono pressoché infiniti è sempre possibile adattare al singolo paziente la tecnica: tutto chiuso, con finestra, solo parziale, etc. Lafigura 59 mostra il caso di una paziente trattata per suo volere con un gesso che lasciava libero l’avampiede e che ha comunque sortito un ottimo effetto.
Figura 59 apparecchio di scarico totale con avampiede libero
Normalmente il TTC viene rinnovato ogni 7 giorni fino a guarigione completa dell’ulcera plantare. Tuttavia anche il TTC con materiali a rigidità modulabile ha alcuni inconvenienti. Naturalmente questi apparecchi non sono utilizzabili se presente arteriopatia o infezione. Vi sono anche altre controindicazioni: varicosità, instabilità posturale, ulcera o amputazione pregressa dell’altro arto, cecità. In secondo luogo l’apparecchio è pesante e la camminata è abbastanza difficile per lo squilibrio tra i due arti. Ultimo ma non secondario la costruzione dell’apparecchio non è semplice e necessita di spazi e tempi dedicati. Tutto questo non ne ha reso l’uso molto diffuso, nonostante l’indiscussa efficacia.
Nel nostro ambulatorio l’uso di apparecchi di scarico è comunemente praticato (figura 60) e la loro costruzione è affidata ai nostri infermieri professionali che hanno acquisito in questa pratica una grande professionalità.
Figura 60 pazienti in sala d’aspetto dopo costruzione di apparecchio di scarico in fibroresina
Il filmato “apparecchio di scarico” mostra l’applicazione su un paziente di un apparecchio di scarico.
Recenti studi anch’essi con un rilevante contributo italiano hanno dimostrato un’efficacia analoga di tutori commerciali sia rimovibili che non rimovibili (69,70).
Ulteriori studi sono in corso per confermare o smentire questa analogia di efficacia. In figura 61 due tutori rimovibili con idoneo plantare di scarico.
Figura 61 Tutore Optima (Moelliter) (A) e Stabil D (Podartis) (B) con i relativi plantari
Indubbiamente l’uso di questi tutori rende più fattibile lo scarico dell’ulcera plantare per il diabetologo e più confortevole la cura per il paziente. Deve essere chiaro comunque che sia con apparecchio di scarico che con tutore la deambulazione deve essere limitata il più possibile.
Una possibilità di trattamento di un’ulcera plantare è quella di praticare una ulcerectomia chirurgica che rimuova totalmente la zona ulcerativa (71).
Il vantaggio principale di questa procedura è la velocizzazione della guarigione (figura 62).
Figura 62 ulcerectomia per ulcera plantare. In questo caso si è associata all’ulcerectomia la correzione dell’alluce valgo
Spingendosi un po’ più in là si può effettuare una ulcerectomia e contemporaneamente una osteotomia decompressiva che elimini o limiti la prominenza ossea causa dell’iperpressione e della conseguente ulcera (figura 63).
Figura 63 ulcerectomia con ostectomia decompressiva. Si noti la risoluzione della prominenza della 1° testa metatarsale.
Si deve comunque considerare che a intervento effettuato si dovrà comunque applicare un apparecchio di scarico fino a guarigione della sutura chirurgica plantare.
In caso di ulcerazione o di ferita chirurgica che risparmi la sede plantare è necessario fornire il paziente di scarpa terapeutica che sia in grado di contenere e proteggere il piede medicato (figura64).
Figura 64 Scarpe adatte a contenere un piede medicato nel meso-avam (A) o nel retropiede (B). Nel mezzo plantare da adattare alla sede dell’ulcera.
Guarita l’ulcera è necessario fornire il paziente di una calzatura adeguata in grado di prevenire ulteriori ulcerazioni (72). Di questo si parlerà specificamente nel capitolo della prevenzione.
Recentemente è stata segnalata l’efficacia dell’applicazione di impulsi elettrici a bassissima frequenza (frequency-modulated electromagnetic neural stimulation: FREMS) sul dolore neuropatico (73)
Questa terapia è effettiva sul dolore da ulcera. Secondo alcuni velocizzerebbe anche la guarigione, ma non vi sono studi che abbiano dimostrato questo fatto.
La figura 65 mostra un apparecchio dei vari esistenti per l’applicazione di questi impulsi elettrici e la figura 66 applicazione su un paziente.
Figura 65 apparecchio per la somministrazione di elettroterapia
Figura 66 Applicazione degli elettrodi per eletropteraoia
Se nonostante l’uso di una ortesi ottimale si verifica una reulcerazione è necessario valutare la possibilità che l’iperpressione sia provocata da una deformità tale da non poter essere annullate da una ortesi. Il piede diabetico neuropatico è un piede deforme per griffe delle dita, cavismo, prominenze ossee: se queste deformità sono molto gravi, la correzione ortesica delle deformità può essere insufficiente a impedire successivi episodi ulcerativi a guarigione ottenuta della primitiva lesione. In questi casi è necessaria ancor più che utile una correzione chirurgica della deformità se possibile.
La figura 67 mostra un piede con deformità delle dita di difficile alloggiamento in una ortesi: è stata data indicazione a intervento chirurgico di riallineamento delle dita con sottrazione della testa del 4° metatarso.
Figura 67 deformità rilevante dell’avampiede in paziente neuropatica
La figura 68 mostra un quadro di valgismo estremo con “bunion” sulla testa metatarsale che ha una indubbia indicazione a correzione chirurgica.
Figura 68 quadro di valgismo estremo con “bunion” sulla testa metatarsale che ha una indubbia indicazione a correzione chirurgica
A volte ci si trova di fronte a piedi nei quali è stata effettuata tutta una serie di interventi chirurgici ablativi che hanno sì conservato l’avampiede ma a prezzo di una deformità delle teste metatarsali non controllabile anche con ortesi su misura. In questi casi è preferibile arretrare la resezione alla linea transmetatarsale: anticipiamo qui che l’amputazione transmetatarsale è un intervento che ha una alta probabilità di riuscita consentendo un appoggio comunque plantigrado senza deformità e garantendo quindi una altaa probabiltà di non incorrere in continui episodi ulcerativi. Nella figura 69 un paziente in cui erano stati effettuati numerosi interventi amputativi di dita e di apparecchi di scarico totale per ulcere plantari ricorrenti. L’intervento di amputazione transmetatarsale ha consentito una guarigione prolungata senza reulcerazioni.
Figura 69 intervento di amputazione transmetatarsale a risoluzione di grave deformità postchirurgica condizionante ripetute reulcerazioni
Di questa chirurgia definita profilattica se effettuata in assenza di ulcerazione o correttiva di deformazioni se ne parlerà nel capitolo della chirurgia del piede diabetico.
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